Il desco volante


L’osteria fuori porta

Non avrei mai pensato di recensire un posto in questo blog, che nasce con tutt’altri intenti.

Due sono le motivazioni che mi spingono a parlare di questa osteria, la prima perchè probabilmente è tutta una leggenda metropolitana, la seconda perchè alla base c’è la tutela e la promozione di un territorio nel territorio stesso in un modo che ho cercato di descrivere nelle linee guida e che, un giorno o l’altro, descriverò in modo preciso.

Sto parlando dell’Osteria senza Oste: siamo in un punto imprecisato e non segnalato lungo la strada del prosecco, in modo approssimativo dalle parti di Valdobbiadene, dove le colline trevigiane sono ricoperte da viti. Continua a leggere



Porco impanato e limone
16 marzo, 2009, 7:44 PM
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Dopo un periodo purificatore ripropongo una ricetta col limone.

Basta prendere delle bracciole senza osso e batterle con energia, senza dilaniarle, appiattendole e rendendole più morbide e facilitarne poi la cottura.

Impanatele con il classico trittico di farina, uova e pangrattato (nel rigoroso ordine scritto).

Scaldate dell’olio e cuocete (circa 5 minuti per lato) la carne, salandola. Prima di ritirarle dalla padella versate sopra del succo di limone e fate sfumare.

Da servire ben calde.



patate in pastella
9 marzo, 2009, 1:12 PM
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Prendetevi tempo, è essenziale muoversi lentamente in cucina e, ogni tanto, mangiare con le mani a gambe incrociate.

Si deve prendere delle patate, e dopo averle pelate e tagliate a cubetti di 3-4cm, lessatele per poco meno di dieci minuti in acqua bollente e leggermente salata. Scolatele.

Quando ancora sono calde e umide si immergano in una ciotola colma di grana grattuggiato e poi, così ricoperte di formaggio, si passino in un’altra ciotola ricolma di una pastella fatta sbattendo 50g di farina con un uovo e 150ml di latte.

Gettatele in olio bollente e friggete fino alla completa doratura.

Consiglio un approccio fordista, non accumulate prima tutte le patate col formaggio e poi tutte quelle impastellate. Sarebbe tendezialemente deleterio.

A parte si sarà preparata una salsa soffriggendo mezza cipolla con un paio di spicchi d’aglio (anch’essi tritati) in 25g di burro,  saranno stati aggiunti 25g di farina e, una volta cotta, 300ml di latte portando il tutto a bollare fino a raggiungere una consistenza densa; un po’ di prezzemolo tritato per il giusto contrasto cromatico.

Con una mano intingete le patate intiepidite nella salsa e fatene un unico boccone.



Frittelle
8 febbraio, 2009, 4:46 PM
Filed under: Dolci

E’ carnevale, e nemmeno io mi sottraggo al rito del “anca ti te piaze a fritoea, eh?”.

Mossi da un bisogno sempre più grande di frittola ecco una ricetta per farsele da sè; una specie di autoerotismo.



Il 17 gennaio è il giorno del Porco
16 gennaio, 2009, 10:12 PM
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Il 17 gennaio la chiesa cattolica festeggia Sant’Antonio Abate, primo eremita;  nell’iconografia classica viene posto accanto ad un maiale, simbolo massimo dei vizi carnali che egli sconfisse durante il suo percorso d’ascesi.

sant_antonio_abate

Il cattolicesimo diffondendosi nei paesi mediterranei tentò di portare, quale retaggio orientale, la naturale avversione nei confronti del  porco; in Europa però il maiale non è mai stato un diretto concorrente dell’uomo nell’alimentazione (viveva brado nelle foreste cibandosi di ghiande, mentre in oriente avrebbe mangiato ciò che mangiava l’uomo) diventando invece simbolo di  ricchezza e abbondanza per la famiglia. In pressoché tutte le versioni del Paese di Cuccagna il maiale, assieme ai maccheroni con il cacio, è la figura che non manca mai.

Questo ha portato all’interpretazione popolare di Sant’Antonio Abate quale protettore dei maiali, poiché non ci sarebbe altra interpretazione possibile nell’accostamento delle due figure.

Il 17 gennaio è il giorno del Porco.

A seconda delle diverse interpretazioni in questo giorno si può o non si può uccidere un maiale, si deve o non si deve benedire la stalla; il 17 gennaio resta comunque il giorno celebrativo del vero migliore amico dell’uomo.

Il Porco è il Salvatore dell’uomo da fame e miseria: come segno di continua celebrazione e massimo rispetto non viene gettato nulla del suo corpo e il rito sacrificale è giorno sacro che prevede l’astensione da scuola e dalle altre attività lavorative.
Ogni gesto del rituale viene guidato dal norcino con la massima sapienza e consapevolezza: l’innalzamento del Porco che, quasi fosse crocefisso, domina la corte, la raccolta del sangue che ancora caldo viene usato per la torta, la condivisione delle carni fresche del maiale tra i convenuti, il rito di crescita attraverso la ricerca dello stampo per i salami; il vino. E tutti i partecipanti al rito sono legati da un sentimento alto di rispetto per il Porco e dalla consapevolezza dalla carnalità della propria vita.

E a noi quale modo migliore resta di celebrarlo se non rivendicare il rovesciamento di significato che già la nostra gente compì rifiutando il maiale quale simbolo del peccato?